Blu Notte - Misteri Italiani

Blu Notte - Misteri Italiani

  • 概覽
  • 聲音
概覽
himalaya
76 聲音
Trasposizione in formato audio degli episodi della celebre trasmissione Blu Notte, andata in onda dal 1998 al 2012. Carlo Lucarelli racconta in modo avvincente e pieno di retroscena controversi i casi più oscuri della storia italiana. Raccolta non ufficiale a scopo divulgativo delle puntate più famose della trasmissione Rai. Questo podcast è pubblicato senza alcuno scopo di lucro e con il solo fine di rendere accessibili al pubblico contenuti culturali già presenti gratuitamente su altre piattaforme. Per info e aggiornamenti segui la pagina Instagram del podcast instagram.com/blu.notte.podcast
查看更多
聲音
76聲音

Una comunicazione importante rivolta a tutti gli ascoltatori e le ascoltatrici del podcast di Blu Notte - Misteri Italiani da parte del suo curatore, Michele D’Innella.

Leonarda Cianciulli è stata una serial killer italiana, passata alla storia come "la saponificatrice di Correggio" per aver ucciso, tra il 1939 e il 1940, tre donne e averne occultato i cadaveri facendole a pezzi e sciogliendole nella soda caustica. Leonarda Cianciulli nasce a Montella, nella provincia campana di Avellino, il 14 aprile 1894. Le cronache di allora la raccontano come una donna socievole che aveva avuto una vita difficile: l’infanzia povera in un paese dell’Irpinia, qualche piccola truffa per sopravvivere, tre aborti, dieci figli morti in fasce e una madre che aveva osteggiato il suo matrimonio ed in punto di morte aveva maledetto lei e tutta la sua prole. Il 23 luglio del 1930 un violento terremoto colpisce l’Irpinia eLeonarda Cianciulli si trasferisce con il marito Raffaele Pansardi a Correggio, in provincia di Reggio Emilia, dove si guadagna un discreto benessere e una certa fama commerciando in abiti e mobili usati, leggendo le carte e preparando amuleti e pozioni per donne del paese che frequentano numerose la sua casa. A far scattare la follia omicida è, come scrive lei stessa nel suo lungo memoriale, la defunta madre Emilia che le appare in sogno minacciosa e terribile; per Leonarda Cianciulli è un segnale evidente: uno dei suoi figli sta per perdere la vita. Nella sua mente malata si fa strada un’unica soluzione possibile: compiere sacrifici umani per placare il demone della madre. Rinchiusa in carcere in attesa del processo, scrive le sue memorie in cui racconta minuziosamente i delitti, di come aveva sezionato i corpi, la bollitura nella cucina di casa per fare sparire ogni traccia, e ripete che la sua unica intenzione era di fare sacrifici umani propiziatori per salvare i figli dalla maledizione della madre. Con la fine della guerra, il caso della Saponificatrice di Correggio occupa le prime pagine dei giornali nazionali e internazionali, il fatto è clamoroso e il 12 giugno 1946, in un clima di grande attesa, molte persone affollano l’aula della Corte d’Assise di Reggio Emilia per il processo dell’anno. La donna, con un colpo di teatro, si addossa tutta la responsabilità degli omicidi e chiede l’allontanamento del figlio Giuseppe dalla gabbia degli imputati. L’accusa insiste con l’omicidio a scopo di rapina ma si oppone la difesa che chiede l’infermità mentale. La Cianciulli per tutti gli interrogatori non smetterà mai di affermare che lei non ha ucciso per interesse ma per allontanare l’incubo della morte dai suoi figli. Il dibattimento del caso Cianciulli dura una decina di udienze e si conclude il 20 luglio 1946: 30 anni per la saponificatrice con il beneficio della semi-infermità mentale, e assoluzione per Giuseppe Pansardi, per insufficienza di prove.Sentenza confermata poi in Cassazione. Leonarda Cianciulli passerà il resto della la sua vita nei manicomi criminali di Aversa, Perugia e Pozzuoli, dove farà sempre di tutto per rimanere. Continuerà a cucinare dolci prelibati che nessuno assaggerà, a leggere le carte e a predire il futuro alle detenute come aveva fatto nella sua casa di Correggio e a scrivere lunghe lettere agli amatissimi figli. A 76 anni, il 15 ottobre del 1970, Leonarda Cianciulli muore per un’emorragia cerebrale ed il suo cadavere viene sepolto in una fossa comune del cimitero di Pozzuoli. Entra a far parte della nostra community seguendo Blu Notte su Instagram e Twitter e iscriviti al canale Telegram per rimanere sempre aggiornato sulle prossime puntate cliccando su questi link: • Twitter: http://twitter.com/BluNottePodcast • Instagram: instagram.com/blu.notte.podcast • Telegram: https://t.me/BluNottePodcast Inoltre, se vuoi sostenere il podcast e dare un contributo essenziale per aumentare la qualità dell’audio, visita la lista lista dei desideri che ho creato su Amazon: https://www.amazon.it/hz/wishlist/ls/16XLE7ST4CEG4?ref_=wl_share

Era la notte tra il 28 e il 29 luglio del 1993 quando il boss di Altofonte Antonino Gioè venne ritrovato impiccato con i lacci delle scarpe nella cella in cui trascorreva la detenzione nel carcere di Rebibbia. Erano trascorse appena poche ore dalle bombe delle stragi di via Palestro a Milano e delle due basiliche di Roma. Le indagini ufficiali bollano il fatto come un suicidio. Secondo gli inquirenti di allora con quel gesto il capomafia, che si trovava a Punta Raisi il giorno della strage di Capaci, si sarebbe tolto la vita prima che fosse la stessa Cosa Nostra ad intervenire. C'erano intercettazioni in cui il boss aveva parlato dell' “Attentatuni” ed anche altri riferimenti su possibili attentati al Palazzo di Giustizia di Palermo o contro gli agenti di polizia penitenziaria in servizio a Pianosa. E nella conversazione intercettata dalla Dia c'è anche un riferimento al suo “padrino”, Leoluca Bagarella: “Ma ' stu Bagarella cu cazzu si senti? Oh, lo dico per scherzare, ah” disse al telefono. Ma queste non sono prove schiaccianti sulla morte, e quei fatti non hanno mai convinto troppo. Vi fu anche un'indagine giudiziaria a carico di tre agenti penitenziari che furono indagati per istigazione al suicidio di Gioè, ma vennero prosciolti senza chiarire i dubbi. C’è poi la pista alternativa secondo la quale la morte di Gioè non fu un suicidio: nelle foto scattate in quella notte nella cella i segni della corda sul collo non vanno verso l'alto, come sarebbe lecito aspettarsi se si fosse appeso alla grata, ma verso il basso il che fa pensare più ad una corda tirata da qualcuno. Anche l'autopsia fornisce diversi elementi che andrebbero chiariti. Gioè aveva la sesta e la settima costole di destra fratturate “a causa del massaggio cardiaco praticato su di esso”. Singolare che queste siano le ultime due costole della gabbia toracica mentre il massaggio cardiaco si esegue ben più in altro ad altezza del plesso solare. Sul tavolo della cella furono ritrovati anche tre lettere scritte a mano da Gioè: “Stasera ho ritrovato la pace e la serenità che avevo perduto 17 anni fa” aveva scritto il boss. Per gli inquirenti un semplice ultimo addio. Per chi vuole leggere tra le righe, forse, la possibilità di una futura collaborazione con la giustizia. Del resto Gioè è stato anche uno degli uomini chiave della trattativa Stato-mafia, non solo perché a lui si era rivolto il cugino Francesco Di Carlo dopo un incontro “con agenti segreti che parlavano inglese e italiano”, ma anche per quegli incontri con Paolo Bellini, estremista di destra, depistatore, nonché esperto d'arte. Vent'anni dopo dubbi e misteri su quel suicidio tornano a galla. Ed è forse ora di fare veramente luce su questi fatti. Entra a far parte della nostra community seguendo Blu Notte su Instagram e Twitter e iscriviti al canale Telegram per rimanere sempre aggiornato sulle prossime puntate cliccando su questi link: • Twitter: http://twitter.com/BluNottePodcast • Instagram: instagram.com/blu.notte.podcast • Telegram: https://t.me/BluNottePodcast Inoltre, se vuoi sostenere il podcast e dare un contributo essenziale per aumentare la qualità dell’audio, visita la lista lista dei desideri che ho creato su Amazon: https://www.amazon.it/hz/wishlist/ls/16XLE7ST4CEG4?ref_=wl_share

6 maggio 1996, Chiavari. Sono da poco passate le 9.00 quando Nada Cella, impiegata ventiquattrenne, viene ritrovata barbaramente uccisa nell’ufficio del suo datore di lavoro, il commercialistaMarco Soracco. La ragazza aveva appena aperto l’ufficio e acceso il computer. Presumibilmente, il suo assassino ha suonato alla porta eNada, tranquilla, lo ha fatto entrare: la ragazza viene trovata con la testa fracassata da un oggetto contundente che, come spesso accade nei delitti di difficile soluzione, non sarà mai trovato. E’ lo stessoSoraccoa trovare la ragazza in fin di vita. La corsa al reparto rianimazione dell’ospedale San Martino è inutile:Nadamuore sei ore più tardi. Sono i medici che soccorronoNadaa stabilire che la ragazza è stata vittima di una aggressione e non di un incidente, come inizialmente sembrava: scattano le indagini, ma nel frattempo la scena del delitto è stata irrimediabilmente inquinata: le tracce di sangue sulle scale del palazzo sono state lavate, così come quelle lasciate nell’ufficio. Le indagini si concentrano sul più facile dei sospettabili, cioè proprio il datore di lavoro diNada,Marco Soracco. Il commercialista ha 34 anni, è laureato in economia e commercio e da qualche anno ha aperto a Chiavari uno studio molto avviato. Riservato, educato, scapolo e cattolico, vive con la madre e la zia nello stesso caseggiato dove si trova l’ufficio, al piano superiore. Il padre, scomparso due anni prima, era stato direttore del dazio e quindi responsabile dell’ufficio anagrafe del Comune di Chiavari. Il7 maggioMarco Soraccoviene sottoposto ad un estenuante interrogatorio di ben 14 ore. Per lui inizia un calvario destinato a concludersi più di un anno dopo. Insieme alla sua, vengono analizzate scrupolosamente le posizioni della madre e della zia. L’opinione pubblica e la famiglia diNadasospettano che il movente possa essere passionale e molti vedono nel timido e riservato commercialista il possibile colpevole. Il tempo passa, ma senza che le indagini registrino alcuna novità. Tutte le piste sono fredde, o meglio non esiste alcuna pista per l’omicidio di Nada Cella. Il18 luglio 1997la posizione diMarco Soraccoviene archiviata. Il10 settembre 1998igenitori di Nada, già da tempo critici sull’operato della polizia, denunciano presunti occultamenti e silenzi nel piccolo mondo di provincia della cittadina di levante e rivolgono un appello al Papa in visita a Chiavari. Nel novembre dello stesso anno le indagini si avventurano sulla pista di Sergio Truglio, l’assassino di una prostituta, basandosi su un labilissmo indizio: Truglio conosceva Nada. Ancora una volta, però, le indagini si arenano. L’omicidio di Nada Cellaè tuttora un delitto irrisolto. Entra a far parte della nostra community seguendo Blu Notte su Instagram e Twitter e iscriviti al canale Telegram per rimanere sempre aggiornato sulle prossime puntate cliccando su questi link: • Twitter: http://twitter.com/BluNottePodcast • Instagram: instagram.com/blu.notte.podcast • Telegram: https://t.me/BluNottePodcast Inoltre, se vuoi sostenere il podcast e dare un contributo essenziale per aumentare la qualità dell’audio, visita la lista lista dei desideri che ho creato su Amazon: https://www.amazon.it/hz/wishlist/ls/16XLE7ST4CEG4?ref_=wl_share

27 agosto 1998, Sant’Alberto. Quattro colpi secchi nell’aria torrida di un mattino di fine estate nella placida campagna della provincia di Ravenna. Quattro colpi di pistola che uccidono Luigi Bezzi, settantenne pensionato. Un uomo tranquillo con una sola passione: la pesca dei cefali. Quello di Ragù, soprannome con cui tutti lo conoscevano a Sant’Alberto, la cittadina dove viveva, è rimasto un mistero e già allora le cronache locali misero in luce alcuni grossolani errori degli investigatori. Chi è stato ad uccidere Luigi Bezzi, sull’argine del canale Destra Reno, in pieno giorno e senza nessun motivo apparente? Entra a far parte della nostra community seguendo Blu Notte su Instagram e Twitter e iscriviti al canale Telegram per rimanere sempre aggiornato sulle prossime puntate cliccando su questi link: • Twitter: http://twitter.com/BluNottePodcast • Instagram: instagram.com/blu.notte.podcast • Telegram: https://t.me/BluNottePodcast Se anche tu sei un/una podcaster ed hai voglia di confrontarti e interagire con me e con altri creatori di contenuti audio, ti invito ad unirti alla community che ho creato su LinkedIn: https://www.linkedin.com/groups/9022370 Inoltre, se vuoi sostenere il podcast e dare un contributo essenziale per aumentare la qualità dell’audio, visita la lista lista dei desideri che ho creato su Amazon: https://www.amazon.it/hz/wishlist/ls/16XLE7ST4CEG4?ref_=wl_share

Il 16 settembre 1970 il giornalista Mauro de Mauro fu sequestrato da Cosa Nostra di fronte ai suoi familiari e non fu mai più ritrovato. Tra le varie ipotesi formulate sulle ragioni della sua sparizione figura anche quella relativa all'inchiesta sulla morte, secondo De Mauro dovuta a omicidio e non a incidente, del presidente dell'ENI Enrico Mattei, una trama che si è intrecciata con altri affaire italiani quali il golpe Borghese. Cronista di ottimo livello, nonostante un passato da soldato fascista nella famosa Decima Mais, sul finire degli anni Cinquanta De Mauro viene assunto dal quotidiano di sinistra “L’Ora”, dove si specializza nelle inchieste più scottanti sui fatti di mafia. Ma prima di scomparire il giornalista sta attraversando un momento professionalmente difficile. Da un paio d’anni non si occupa più di mafia. Ha cercato di trasferirsi a Roma, a “Paese Sera”, ma senza riuscirci. Forse è anche per questo che nei giorni precedenti la sua fine il giornalista a più di una persona dice di aver per le mani “qualcosa di grosso” che lo rilancerà... Quel “qualcosa” riguarda le sue indagini sugli ultimi due di vita di Enrico Mattei. Lo riferisce all’editore e libraio Fausto Fiaccovio, lo confida a un’amica architetto, ne accenna alla figlia Junia, ne parla con il collega dell’ANSA Lucio Galluzzo a cui dice che si sta occupando “di un soggetto per un film di Rosi”. E poi aggiunge: “E’ una cosa grossa, molto grossa. Roba da far tremare l’Italia”. Le piste sulla scomparsa di De Mauro che carabinieri e polizia seguono sono assolutamente divergenti; è singolare che delle indagini si interessino tre investigatori di primo piano che verranno tutti uccisi tra il 1979 e il 1982: il capitano dei carabinieri Giuseppe Russo, il commissario della mobile Boris Giuliano e il comandante della legione dell’Arma Carlo Alberto dalla Chiesa. Secondo i carabinieri, il giornalista nel suo lavoro sarebbe incappato in un grosso traffico di droga e per questo sarebbe stato eliminato dalla mafia. Ed è questa l’ipotesi sostenuta di recente anche dal pentito Gaspare Mutolo, il quale ha riferito ai magistrati che De Mauro venne strangolato da killer di Stefano Bontate, il capo della “mafia perdente”, ucciso dai Corleonesi di Totò Riina nel corso della “guerra di mafia” esplosa agli inizi degli anni Ottanta. La polizia punta invece, anche se con molta prudenza, sulla “pista Mattei”. Ci sono infatti tre sparizioni tra il materiale che il giornalista conservava per il suo lavoro che appaiono allarmanti: nel cassetto della sua scrivania in redazione, che appare forzato, non si trovano più il nastro magnetico con la registrazione della manifestazione di Gagliano cui Mattei partecipò, mentre dal bloc-notes con gli appunti sono state strappate due pagine e mancano anche altri fogli di appunti più recenti, quelli che riguardano gli incontri avuti nella preparazione dei lavoro per Rosi. C’è un sospetto forte, un’ipotesi che non sarà mai approfondita. In quel nastro e in quei fogli di appunti spariti potrebbe esserci la soluzione di due gialli: la morte di Mattei e la stessa scomparsa di De Mauro... Entra a far parte della nostra community seguendo Blu Notte su Instagram e Twitter e iscriviti al canale Telegram per rimanere sempre aggiornato sulle prossime puntate cliccando su questi link: • Twitter: http://twitter.com/BluNottePodcast • Instagram: instagram.com/blu.notte.podcast • Telegram: https://t.me/BluNottePodcast Se anche tu sei un/una podcaster ed hai voglia di confrontarti e interagire con me e con altri creatori di contenuti audio, ti invito ad unirti alla community che ho creato su LinkedIn: https://www.linkedin.com/groups/9022370 Inoltre, se desideri approfondire tutti i retroscena più oscuri dietro le menti dei più famosi serial killer italiani, da oggi puoi farlo! Ascolta subito la puntata di “No Pas...

È il 29 novembre 1983 quando la ventottenne Leonarda Polvani parcheggia la sua Fiat 126 nel garage di casa, in via Serenari a Casalecchio di Reno, comune dell’hinterland bolognese, dopo aver salutato un’amica. Sono le 8 di sera e dovrebbe fare solo pochi passi per raggiungere l’androne dell’edificio in cui vive e salire nel suo appartamento, dove l’attende il marito, il quale, non vedendola rientrare, contatta i carabinieri che iniziano subito le ricerche. A ritrovarla saranno però due guardacaccia, qualche giorno più tardi. È il 3 dicembre e il luogo è quasi diametralmente opposto a quello della sparizione. Stavolta si è infatti alla Croara, un complesso carsico fatto di valli cieche e grotte chiuse con cancelli e catenacci per evitare che diventino rifugio di sbandati e trafficanti. Uno di questi cancelli è stato aperto e la catena tagliata: all’ingresso ci sono una borsa da donna dentro e i documenti di Leonarda. I carabinieri, una volta addentratisi nella grotta, ritroveranno prima gli effetti personali della donna e successivamente il suo cadavere: è riversa con il viso a terra, ha la biancheria strappata, il maglione e la giacca sollevati sulla testa e infilati in un solo braccio. Sul collo tracce di strangolamento. Sembra l’epilogo di una violenza, ma a ucciderla è stato un colpo di pistola, calibro 6.35, sparato a pochi cm dal cuore. Il denaro che la donna aveva con sé è ancora nel portafogli e i gioielli indossati come l’ultima volta che era stata vista. Come avviene in questi casi, la vita della donna viene passata al setaccio. Ma Leonarda Polvani non nasconde ombre. È sposata da un anno e mezzo, non è infedele, il suo tempo si divide tra il lavoro in gioielleria e la casa. L’università non la frequenta, ci va solo per dare gli esami. Con chiunque si parli, la descrizione è sempre quella: seria, posata, gentile, semmai qualche volta la si può sorprendere un po’ triste. Ma niente di più. Per due anni l’indagine è a un punto morto. Riprende vigore quando uno spacciatore, dopo l’arresto, dichiara di sapere chi ha ucciso Leonarda e indica tre uomini, tutti con precedenti penali per droga. Sequestrare la donna aveva lo scopo di farsi aiutare a mettere a segno una rapina nella gioielleria. I riscontri però evidenziano incongruenze: la grotta non è la stessa, i riferimenti sembrano quelli di un altro omicidio avvenuto in zona e i pregiudicati, intanto finiti sotto processo, vengono assolti. Può darsi che ci fosse chi voleva rapinare il luogo in cui Lea lavorava e allora potrebbe aver cercato di agganciare la ragazza per farne una basista all’interno; oppure, più semplicemente, è possibile che chi puntasse alla rapina volesse solo la borsa della donna, dove ci stavano anche le chiavi del luogo in cui lavorava, e che poi si sia disfatto di una potenziale testimone scomoda. Il corpo abbandonato in una cava, coi vestiti scomposti, rappresenta l'ultimo atto di una tragedia inutile: la simulazione di una violenza. I rapitori hanno probabilmente cercato di dissimulare i veri motivi della sparizione e della fine di Lea, la ragazza che amava scrivere e disegnare. La ragazza che ad oggi non ha ancora avuto giustizia. Entra a far parte della nostra community seguendo Blu Notte su Instagram e Twitter e iscriviti al canale Telegram per rimanere sempre aggiornato sulle prossime puntate cliccando su questi link: • Twitter: http://twitter.com/BluNottePodcast • Instagram: instagram.com/blu.notte.podcast • Telegram: https://t.me/BluNottePodcast Se anche tu, come Paolo, desideri sostenere il podcast e dare un contributo essenziale per aumentare la qualità dell’audio, visita la lista lista dei desideri che ho creato su Amazon: https://www.amazon.it/hz/wishlist/ls/16XLE7ST4CEG4?ref_=wl_share Inoltre, se ti è piaciuta la bellissima illustrazione realizzata dall’artista Veronica Comin come cover art di ...

Sabato 11 aprile 1953, vigilia di Pasqua: il corpo senza vita di Wilma Montesi, una giovane ragazza romana di 21 anni, viene trovato sulla spiaggia di Torvajanica, in località Capocotta, una zona balneare non distante da Roma. Il corpo non presenta segni di violenza ed è completamente vestito (se non fosse per la mancanza di un reggicalze, delle calze e delle scarpe). Le cause della morte non sono chiare: l’autopsia parla, genericamente di una sincope dovuta ad un pediluvio. Il ritrovamento pare quindi essere destinato ad una rapida archiviazione: un semplice malore, un incidente, forse un suicidio. Ma se già l’ipotesi dell’incidente l’incidente appare poco credibile, anche il suicidio è da escludere: di famiglia modesta, ma tranquilla, Wilma Montesi era fidanzata e stava preparandosi al matrimonio. Trascorrono alcuni mesi, la vicenda è quasi dimenticata quando un piccolo settimanale scandalistico asserisce l’ipotesi che Wilma Montesi sarebbe morta, forse per overdose di droga, forse per un semplice malore, durante un’orgia, in una villa del marchese Ugo Montagna, alla quale avrebbe preso parte il musicista Piero Piccioni, figlio di un importante notabile democristiano, il già ministro degli Esteri Attilio Piccioni, destinato ad ereditare da Alcide De Gasperi la leadership della Democrazia Cristiana, il più importante partito di governo. Da questo momento il caso Montesi non è più un caso giudiziario, ma diventa un affare politico: dietro la morte della ragazza si scatena la più grande faida mediatico-politica per la conquista del potere interno alla DC. Gli sviluppi della vicenda sono quanto mai intricati, anche perché sulla scena, a sostegno delle tesi accusatorie di Muto, spunta una donna: è Anna Maria Moneta Caglio, detta (per il suo lungo collo) Il “Cigno Nero”, ex amante, delusa, del marchese Montagna. La donna conferma: nella villa di Capocotta, che è vicina a luogo dove il corpo della Montesi è stato ritrovato, si svolgevano festini. Montagna e Piccioni, spaventati dal malore della giovane donna, si sono disfatti del corpo di Wilma, abbandonandolo, forse ancora vivo, sulla spiaggia di Torvajanica. Lo scandalo assume dimensioni gigantesche e anche il questore di Roma, Saverio Polito, viene accusato di aver cercato di insabbiare tutto, per questioni, ovviamente, politiche. Il processo si trascinerà per oltre quattro anni. Fino al 27 maggio 1957, quando il Tribunale di Venezia manderà assolti con formula piena Piccioni, Montagna, Polito e altri nove imputati minori, rinviati a giudizio nel giugno 1955. Ancora oggi la morte di Wilma Montesi resta un mistero. Entra a far parte della nostra community seguendo Blu Notte su Instagram e Twitter e iscriviti al canale Telegram per rimanere sempre aggiornato sulle prossime puntate cliccando su questi link: • Twitter: http://twitter.com/BluNottePodcast • Instagram: instagram.com/blu.notte.podcast • Telegram: https://t.me/BluNottePodcast Inoltre, se vuoi sostenere il podcast e dare un contributo essenziale per aumentare la qualità dell’audio, visita la lista lista dei desideri che ho creato su Amazon: https://www.amazon.it/hz/wishlist/ls/16XLE7ST4CEG4?ref_=wl_share

Sabato, 27 ottobre 1962,ore 18.57 e 10 secondi. Latorre di controllo dell’aeroporto di Linate perde i contatti con un piccolo bireattore, un “Morane Saulnier”, registrato con la sigla I-Snap, di proprietà dell’ENI, l’ente petrolifero di stato. A bordo del velivolo sitrovano il presidente della società Enrico Mattei, un giornalista inglese, WilliamMcHale e il pilota Irnerio Bertuzzi. L’aereo è decollato dall’aeroporto di Cataniaalle 16.57, dopo una visitalampo di Mattei nellaSicilia meridionale. Di lì a pochi giorni, il 6novembre, il presidente dell’ENI, il più potentemanager di stato italiano, sisarebbe dovuto recare in Algeria per firmare unaccordo sulla produzione di petrolio, un accordo moltoscomodo per le “sette sorelle” del cartello mondiale. I resti del “Morane Saulnier” vengono trovatiin un campo in località Bascapè, una frazione delcomune di Landriano in provincia di Pavia, a pochi minuti in linea d’aria dalloscalo di Linate. Dei tre occupanti del velivol...

La strage di via Caravaggio è stato un triplice omicidio avvenuto a Napoli nel 1975 e rimasto irrisolto. Secondo la ricostruzione la strage avvenne nella notte tra giovedì 30 e venerdì 31 ottobre 1975 (ma il fatto venne scoperto solo il successivo 8 novembre), all'incirca tra le ore 23:00-23:30 e le 5 del mattino, al quarto piano del n. 78 di via Michelangelo da Caravaggio, nella parte alta del quartiere Fuorigrotta nell'abitazione delle vittime. Furono uccisi, prima colpiti alla testa con un oggetto contundente mai identificato e, successivamente, feriti alla gola con un coltello da cucina, Domenico Santangelo, 54 anni, rappresentante di vendita, ex capitano di lungo corso ed ex amministratore condominiale, la sua seconda moglie Gemma Cenname, 50 anni, ostetrica ed ex insegnante, e la figlia di lui, Angela Santangelo, 19 anni, impiegata dell'INAM, nonché il loro cane Yorkshire terrier, di nome Dick, soffocato con una coperta. I corpi di Domenico Santangelo e di Gemma Cenname furono depositati, assieme al cagnolino Dick, nella vasca del bagno padronale; il corpo di Angela fu avvolto in un lenzuolo e adagiato sul letto matrimoniale. L'assassino rubò denaro dalla borsetta della Cenname e portò via anche la pistola di Santangelo, mai ritrovata. Nell'appartamento, oltre a impronte di scarpa (numero 41-42) impresse nel sangue sui pavimenti di alcune stanze e del corridoio, furono rinvenute impronte digitali su una bottiglia di whisky e una di brandy poggiate su un mobile-radio dello studio di Domenico Santangelo. Era impossibile per la polizia scientifica dell'epoca rilevare, ricostruire e identificare tracce biologiche lasciate dall'assassino sui reperti della scena del delitto. Le impronte di scarpa e le impronte digitali risultarono incompatibili con quelle del principale indiziato, Domenico Zarrelli, figlio di un giudice presidente di corte d'appello deceduto e fratello dell'avvocato Mario Zarrelli (che scoprì i corpi), nonché nipote di Gemma Cenname; venne comunque arrestato il 25 marzo 1976 e poi condannato all'ergastolo in primo grado il 9 maggio 1978 per l'accusa d'aver compiuto la strage perché in preda a un raptus dopo essersi visto rifiutare la richiesta di un prestito di denaro dalla zia Gemma. In carcere studiò giurisprudenza e divenne egli stesso avvocato penalista. Zarrelli, che aveva dichiarato di non essere mai stato quel giorno a casa della zia, venne successivamente assolto in appello dopo aver passato cinque anni di prigione nel 1981 (per insufficienza di prove). Dopo l'annullamento della sentenza da parte della corte di cassazione, fu nuovamente assolto, con formula piena, dalla Corte di Assise di Appello, sentenza confermata dalla Cassazione il 18 marzo 1985, nonché nel 2006 risarcito dallo Stato per danni morali e materiali con un milione e quattrocentomila euro. Tuttora il coltello da cucina usato nel delitto e la coperta utilizzata per soffocare il cane della famiglia sono custoditi nell'Ufficio Reperti del Tribunale di Napoli dell'ex Tribunale di Castel Capuano e nel 2013 sono stati esposti per la prima volta al pubblico nell'esposizione temporanea, allestita all'interno del Tribunale, "Corpi di reato", divenendo così inutilizzabili per successive indagini scientifiche. Se vuoi sostenere il podcast e dare un contributo essenziale per aumentare la qualità dell’audio, visita la lista lista dei desideri che ho creato su Amazon: https://www.amazon.it/hz/wishlist/ls/16XLE7ST4CEG4?ref_=wl_share Entra a far parte della nostra community seguendo Blu Notte su Instagram e Twitter e iscriviti al canale Telegram per rimanere sempre aggiornato sulle prossime puntate cliccando su questi link: • Twitter: http://twitter.com/BluNottePodcast • Instagram: instagram.com/blu.notte.podcast • Telegram: https://t.me/BluNottePodcast

123...8
常見問題
  • Himalaya 是什麼?
    喜馬拉雅國際版,Himalaya 是一款有聲書 App,旨在為全球華人的終身學習提供隨時、隨地、隨心的全新聽書體驗。成為會員,即可以暢聽站內 100,000+ 海量會員內容。
  • Himalaya VIP 有什麼權益?
    你僅需花費每日低至 0.16 美金,就可以立即暢聽 100,000+ 全球銷量超百萬的暢銷有聲書,每週聽一本爆款新書,還有更多預售新書等著你!另可獲得每月 5 張免費體驗卡贈親友的福利,等同於贈送 1 張年卡的價值。
  • 我怎麼享受免費試用?
    現在訂閱 Himalaya VIP 即可享受至少 7 天的免費試用! 免費試用期內,無需付費即可免費暢聽會員包中的全部內容,包含 100,000+ 全球銷量超百萬的暢銷有聲書,和世界名校教授的原聲英文課程。
  • 我該怎麼使用優惠碼?
    在 Himalaya 首⻚選擇「開啟免費體驗」註冊完成之後, 輸入「優惠碼」選擇申請,支付成功後即可開啟 Himalaya VIP 內容免費暢聽權益!
  • 可以在哪收聽?
    Himalaya 提供你隨時隨地想听就听的服務, 可以下載 Himalaya APP 使用手機享受服務,同時也支持網頁版登陸在電腦上享受暢聽服務。
  • Himalaya VIP 的價格是多少?
    Himalaya VIP 採用連續訂閱的模式,按月訂閱價格為 $11.99/月;按年訂閱價格為 $59.99/年。每天僅需 0.16 美元,讓耳朵隨時隨地步入擁有 100,000+ 書籍你的專屬圖書館。
  • 我不想訂閱了,要如何取消?
    通過網頁端訂閱如何取消?
    你可以 點擊這裡 取消訂閱。 在試用期內取消訂閱,則不會自動續費;如果你已經成功續費後取消訂閱,則下個扣款週期不會自動續費。
    通過手機端訂閱如何取消?
    你可以在iTunes/Apple或Google Play設定中取消訂閱。在試用期到期前48小時取消訂閱,則不會自動續費;如果你已經成功續費後取消訂閱,則下個扣款週期不會自動續費。你可以通過以下連結找到如何取消訂閱的詳細資訊:Apple Store取消訂閱方法  Google Play取消訂閱方法

與Himalaya一起

每天15分鐘
在碎片的時間裡,學習一個知識點;通勤時、家務時、運動時,隨時隨地暢聽
每週1本新書
優選最新最熱暢銷書,資深編輯精心挑選榜單佳作,只聽有價值的好書
每年10大系列
商業財經、歷史文化、親子育兒,同系列好書好課一網打盡,帶你深入探究一個主題
app store
google play